L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il mondo del lavoro e potrebbe prevedere perfino la nostra morte. Ma è davvero una minaccia o l’occasione per un nuovo inizio? Secondo esperti come Gurdeep Puri e dati di Goldman Sachs, l’IA trasformerà profondamente la nostra società, e il momento di agire è adesso.
L’intelligenza artificiale cancellerà milioni di lavori? I dati dicono di sì
Nel maggio 2024, un’analisi pubblicata da Goldman Sachs ha stimato che fino a 300 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo potrebbero essere automatizzati dall’intelligenza artificiale. I settori più colpiti? Amministrazione, marketing, editoria e finanza: ambienti dove le attività sono fortemente digitalizzabili.
L’impatto sarà graduale ma inevitabile. Secondo McKinsey & Company, entro pochi anni, oltre il 60% dei lavori avrà almeno il 30% delle proprie attività automatizzabili da macchine. E non è fantascienza.
Può l’IA predire la morte? Sì, e in alcuni casi meglio dei medici
Nel maggio 2025, la Harvard Gazette ha presentato FaceAge, un sistema di riconoscimento facciale che analizza foto per stimare l’età biologica reale. I test condotti su 6.000 pazienti hanno dimostrato che l’IA è stata più precisa dei medici nel prevedere le probabilità di decesso.
A questo si aggiunge Death Clock, un modello predittivo basato su IA lanciato nel 2023 che calcola la data probabile di morte in base a stile di vita, abitudini alimentari e parametri biometrici. Una provocazione? Forse. Ma anche uno stimolo concreto al cambiamento: come sottolineano i suoi creatori, l’obiettivo è incoraggiare uno stile di vita più sano.
Accettare il cambiamento invece di combatterlo
Secondo Gurdeep Puri, cofondatore di The Effectiveness Partnership, la risposta all’avanzata dell’IA non è resistere, ma accettare e adattarsi. La storia dimostra che chi rifiuta le innovazioni rischia l’obsolescenza: dagli operatori telefonici agli sviluppatori di schede perforate, ogni rivoluzione ha spazzato via ruoli tradizionali per crearne di nuovi.
E lo stesso accadrà con l’IA. Le professioni cambieranno, alcune scompariranno, ma molti nuovi lavori nasceranno da queste macerie digitali. Secondo Dell Technologies, l’85% dei lavori del 2030 non è ancora stato inventato.
Il paradosso dell’IA nella creatività: minaccia o leva evolutiva?
Nel mondo del marketing e della pubblicità, l’adozione dell’IA è già realtà. Strumenti come Waldo AI e modelli come ChatGPT vengono utilizzati per creare brief, analizzare dati e persino generare contenuti. Ma questo solleva una nuova sfida: se tutti usano la stessa tecnologia, come mantenere la differenziazione?
Il rischio è che le agenzie diventino intercambiabili, producendo contenuti simili con output quasi identici, riducendo valore, margine e originalità. La nuova sfida sarà quindi culturalizzare l’IA, infondendole la visione, i valori e lo stile unici di ogni azienda.
Alcune agenzie iniziano già a personalizzare modelli di IA con la propria cultura aziendale. Altre investono in approcci creativi distintivi, integrando le competenze umane per guidare l’IA, non subirla.
Umani e IA: un’alleanza necessaria, non una competizione
La narrativa secondo cui l’IA ci sostituirà ignora una verità fondamentale: le migliori soluzioni nascono dalla collaborazione tra intelligenza artificiale e intelligenza umana. L’automazione può liberare i creativi da compiti ripetitivi, lasciando più tempo per la strategia, l’analisi e l’innovazione.
La chiave non è resistere, ma riqualificarsi. Nuove tecnologie richiedono nuove competenze: chi saprà interpretare, guidare e correggere l’IA sarà il più richiesto nel mercato del lavoro del futuro.
Non è la fine. È un nuovo inizio
L’IA non è una “Morte Nera”, come la descrive provocatoriamente l’articolo, ma un cambiamento epocale paragonabile all’arrivo della stampa o dell’elettricità. È normale provare paura, ma è molto più utile provare curiosità.
Come ha scritto il team di The Effectiveness Partnership: “È la fine del mondo come lo conosciamo. E mi sento bene.” Una citazione che riecheggia anche nel mondo della tecnologia: ogni rivoluzione disintegra certezze, ma lascia spazio alla rigenerazione.
Il nostro compito? Rendersi essenziali nell’epoca dell’IA
Il vero rischio non è essere sostituiti dall’intelligenza artificiale, ma non evolversi insieme ad essa. Restare ancorati a modelli superati, ignorare le opportunità di automazione intelligente, non investire in nuove competenze: queste sì sono scelte pericolose.
E proprio come un modello predittivo può spingerci a vivere più sani, l’IA può motivarci a pensare in modo più profondo, creativo e strategico. Ma per farlo, bisogna smettere di temerla e iniziare a guidarla.
Appassionato e sempre entusiasta della tecnologia e di poterla usare. Amo scrivere per raccontare le ultime novità tecnologiche.